Mons. Repole: “Il Vescovo deve aiutare coloro che gli sono affidati a distinguere e conoscere la voce di Gesù, unico Pastore”

L’omelia del nuovo Vescovo di Susa durante la Messa del suo ingresso nella diocesi

Moltissimi secoli fa Sant’Agostino quando commentava questo discorso molto intenso del Vangelo di Giovanni in cui Gesù si presenta come il Buon Pastore, diceva che se volessimo esprimere l’identità di Gesù dovremmo dire che Lui è il Verbo, cioè la Parola di Dio. Se volessimo esprimere chi sia Gesù dovremmo dire che Lui è il Figlio Eterno di Dio. Quando invece noi diciamo che Lui è l’Agnello oppure è il Pastore – dice Agostino – usiamo delle similitudini. Eppure sono similitudini molto istruttive per comprendere chi sia Gesù e in che modo Egli si sia presentato a noi come la Parola di Dio definitiva e come il Figlio Eterno di Dio.

Mons- Roberto Repole mentre pronuncia l’omelia in Cattedrale

Gesù ha vissuto come un Agnello che si è lasciato immolare, che si è lasciato fare tutto, che si è lasciato colpire e persino uccidere senza reagire al male con il male ma anzi distendendo le sue mani sulla Croce in un abbraccio grande quanto il mondo e quanto l’umanità perché tutti potessero stare al sicuro dentro quelle mani. Quelle mani sono quasi in dissolvenza con le mani stesse del Padre. Quelle mani che hanno benedetto, che hanno curato le infermità, che hanno guarito, che hanno accolto tutti; quelle mani sono le mani della vita, della vita eterna. Perché chi sta in quelle mani sta semplicemente nelle mani del Padre che la sorgente, è la fonte della vita. Per questo lui, l’Agnello, è diventato il Pastore, colui che guida tutti coloro che sono suoi, tutti coloro per i quali ha disteso le mani sulla Croce. E lo fa in un modo specifico: dice Giovanni che la Parola di Gesù afferma che Egli conosce le pecore. Nel Vangelo di Giovanni il verbo conoscere ha un’intensità molto forte, non è soltanto sapere qualche cosa o conoscere qualcuno, apprezzarne le virtù e intuirne o difendersi dai vizi. Conoscere è amare; non soltanto in un momento puntuale ma amare in un modo intenso, reiterato, continuo. Gesù è il Buon Pastore perché incessantemente, anche adesso, ama le sue pecore. E le sue pecore, dice Gesù, ascoltano la sua voce. La ascoltano perché la riconoscono. Sono sue pecore precisamente perché sanno distinguere la sua voce da quella di qualunque altro. E poi lo seguono, mettono i passi dietro quelli di Cristo. Non si inventano un cammino loro, non devono farlo, sono dispensati dal farlo. L’unica cosa che devono fare le pecore è seguire passo dopo passo il sentiero tracciato da Cristo.

Mi è parso molto bello che io entrassi in questa Chiesa, in punta di piedi come voglio entrare, alla luce di questa pagina del Vangelo. La Liturgia dice che il Vescovo è il Pastore; ma in questo ha ragione Agostino: sono similitudini. Dobbiamo fare attenzione, prenderle per quello che sono.

Il Vescovo (come i preti, come i diaconi) non è qualcuno che deve sostituirsi al Pastore unico delle pecore e men che meno deve oscurare il Pastore unico delle pecore. E’ pastore soltanto nella misura in cui è a servizio dell’unico Pastore: l’Agnello che ha offerto la sua vita per tutti. E per questo, ben sapendo che nell’arco della storia si sono accumulati nella figura del Vescovo tantissimi compiti, alcuni autentici altri meno, mi consola moltissimo rimanere in questa pagina del Vangelo per imparare che cosa debba fare un Vescovo se vuole indirizzare all’unico Pastore.

Mi sembra che un Vescovo entri oggi in una chiesa, in punta di piedi, con questo compito principale. Quello di fare in modo con la sua vita, con la sua presenza, con la sua parola che le pecore si sentano a casa nelle mani di Cristo e nelle mani del Padre; e concorrere perché ciascuno sappia che quella, e soltanto quella, è la sua casa; e animare una chiesa perché possa dire all’umanità: “Guarda che c’è un posto per te e per ciascuno in quelle mani; le mani dell’Agnello che è diventato il Pastore”.

Un vescovo deve con il suo servizio, con il suo esempio, con la sua vita e con la sua parola fare in modo che coloro che gli sono affidati sappiano distinguere, conoscere la voce dell’unico Pastore. Questo é un compito molto serio oggi perché siamo immersi in un mondo in cui le voci sono tantissime. C’è un chiasso di voci, qualche volta, me lo permettete, persino nella chiesa si dicono tante cose, a volte troppe. Abbiamo il compito di aiutarci a indirizzare  all’ascolto della Parola di Cristo.

Un vescovo esiste nella chiesa per fare questo: aiutare a distinguere quella voce che è l’unica che dà vita, dalle altre voci che a volte sono davvero effimere, durano un giorno a volte un istante.

Un vescovo ha il compito di aiutare altri a mettere i passi dietro quelli di Cristo, nei momenti della gioia della vita e in quelli della tristezza; nelle occasioni in cui sperimentiamo la forza e in quelli in cui sperimentiamo la debolezza. Sono cosciente, ve lo assicuro,  che un vescovo può fare questo soltanto se lui rimane una pecora; il primo che mette i propri passi dietro quelli di Cristo. Mi piacerebbe che il mio ministero che comincia oggi in mezzo a voi fosse un’occasione nuova, in più, per sperimentare che siamo nelle mani di Cristo. E quelle mani sono sicure

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